lunedì 23 maggio 2016

22/11/63, dal libro al telefilm


Chi mi conosce e/o segue questo blog, sa che vedo pochissimi telefilm, per una questione di tempo, in particolare non so mai se e quando potrò vedere le puntate successive e, piuttosto che correre questo rischio, non comincio affatto. Tutto questo è partito dopo che rispettivamente per sette e nove anni ho seguito MacGyver e X-Files.
Però, recentemente, ho ripreso ad avere fiducia nella gestione del mio tempo, e in questo preciso istante attendo la nuova stagione di X-Files (sì, sembra che Chris Carter abbia avuto un nuovo contratto, anche per il finale della decima serie che grida vendetta), i finali di stagione di Big Bang Theory e 22/11/63.
Senza fare spoiler (devo ancora vedere la settima e l’ottava puntata, quindi non potrei nemmeno se volessi), proprio di quest’ultimo voglio parlarvi, anche perché conosco bene il romanzo da cui la serie televisiva è tratta, trovo che sia il migliore del periodo recente per l’autore Stephen King. King è parte attiva nel progetto, come J. J. Abrams, che vanta serie televisive come Lost e Fringe (un’altra che ho seguito dalla prima all’ultima puntata), e come James Franco, il carismatico protagonista, che nonostante sia gay è comunque molto bravo. Scherzo, ovviamente... Non è bravo.
Scherzi a parte, stavolta definitivamente, l’unione dei tre ha creato una storia valida che, per me che ho letto il libro, risulta lo stesso godibile. Tante piccole differenze, come i viaggi multipli di Jake Epping nel passato (nel libro) a fronte di un solo viaggio (nel telefilm) e la trasformazione dell’Uomo con la Tessera Gialla, nel libro confinato al vicolo in cui Jake compare quando viaggia nel tempo. O ancora la destinazione nel passato, 1958 nel libro e 1960 nel film, o la profonda citazione al libro It, nel romanzo, completamente persa nella serie televisiva.
Potrei continuare così per ore, ma mi limito a due cose: il personaggio di Bill Turcote, presente nel telefilm ma non nel libro, e i paletti che il passato mette davanti a chi tenta di cambiarlo. Il nuovo personaggio serve alle immagini, per creare momenti interessanti che James Franco, seppur un ottimo attore, in viaggio solitario non avrebbe saputo creare per le limitazioni del libro: lì basta saper scrivere bene (e Stephen King non si mette in discussione) e un solo personaggio può coprire centinaia di pagine, come difatti accade. La seconda, che si ricollega all’Uomo con la Tessera Gialla, è il modo di intendere i pericoli del passato: nel libro sono molto più subdoli e non hanno bisogno di pistole puntate sul protagonista, e tutto si unisce alla teoria delle stringhe, di cui il custode del vicolo, con la tessera gialla che non resta sempre gialla, sembra il custode della stessa Storia. Le frasi che dice a Jake Epping appena lo vede sembrano leggere il futuro, quasi come se sapesse fin dove si spingerà ogni volta e, quindi, come se il passato e la Storia si svolgesse comunque lungo l’asse delineato, a dispetto degli sforzi dell’uomo che vuole impedire l’omicidio di John Fitzgerald Kennedy.
Tornerò sull’argomento appena vedrò le restanti due puntate, desideroso di sapere come andrà a finire (mi aspetto altri importanti cambiamenti rispetto al libro, anche se inizio ad avere un terribile timore, di cui in caso vi parlerò).